“Io son di Prato” – scrisse in Maledetti Toscani – “m’accontento d’esser di Prato, e se non fossi nato pratese vorrei non esser venuto al mondo, tanto compiango coloro che, aprendo gli occhi alla luce, non si vedono intorno le pallide, spregiose, canzonatorie facce pratesi, dagli occhi piccoli e dalla bocca larga, […] e fuori dalla finestra, di là dai tetti, la curva affettuosa della Retaia, il ginocchio nudo dello Spazzavento, le tre gobbe verdi del Monte Ferrato, gli olivi di Filettole, di Santa Lucia, della Sacca, e i cipressi del Poggio del Fossino, sopra Coiano. E questo dico non perché son pratese, e voglia lisciar la bazza ai miei pratesi, ma perché penso che il solo difetto dei toscani sia quello di non esser tutti pratesi”.
Curzio Malaparte, cittadino del mondo, rivendicò sempre il suo essere orgogliosamente pratese. Lo scrittore, all’anagrafe Kurt Erich Suckert, nacque a Prato nel 1898 da madre milanese e da padre tedesco, il tintore Erwin Suckert.
Frequentò, come D’Annunzio, il Liceo Classico Cicognini. Fu uno scrittore e giornalista sempre al centro della scena artistica, politica, culturale e mondana, scrisse capolavori come Kaputt e La Pelle, visse con intensità eccezionale all’insegna di contraddizioni e polemiche. Una vita incredibilmente intensa: partecipò volontario alla Grande Guerra, aderì alla marcia su Roma, fu fascista (stimato però da Piero Gobetti che lo definì ‘la miglior penna del regime’) poi voce critica e infine oppositore. Nel 1923 sfidò a duello l’antifascista Ottavio Pastore. Nel 1931 pubblicò a Parigi ‘Tecnica del Colpo di Stato’, considerata opera sovversiva contro il regime. Per questo fu allontanato dal quotidiano La Stampa, di cui era il direttore, poi espulso dal PNF e confinato a Lipari. Nel 1936 costruì a Capri una villa a strapiombo sul mare, ritrovo di artisti e intellettuali, uno dei più esclusivi salotti mondani dell’epoca.