L’origine del fiume Bisenzio, che dalla Val di Bisenzio attraversando Prato, si getta nell’Arno, è un mistero non ancora del tutto chiarito: non sappiamo ancora con certezza dove siano situate le sue sorgenti. Il Bisenzio (dal latino Bis Entius, “acque che scorrono insieme”) nasce dalla confluenza e unione di altri corsi d’acqua, ed Emilio Bertini, escursionista e geografo pratese di fine Ottocento, collocò la sorgente del fiume al Mulin della Sega, dove confluiscono le acque del Trogola e del Baccuccio; una indagine più recente ha posizionato invece l’origine del fiume più a monte, alla confluenza del rio Trogola e del Fosso delle Barbe, alla base del Poggio Vespaio.
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Del Bisenzio si occupò anche Galileo Galilei che, consultato dal Granduca di Toscana Ferdinando II dei Medici, per un proprio parere riguardo a possibili opere ingegneristiche per contenere le continue tracimazioni del fiume così scrisse: “Dirò solo, per concludere qualcosa intorno alla deliberazione da prendersi per il restauro del fiume Bisenzio, che io inclinerei a non lo rimuovere del suo letto antico ma solo a nettarlo, allargarlo, e, per dirlo in una parola alzar gli argini dove trabocca e fortificarli dove rompe”.
Il fiume ha rappresentato, per la Valle che attraversa e che prende il suo nome e per la città, una grande ricchezza, sulle sue sponde sono stati costruiti nel corso dei secoli numerosi mulini che sfruttando la forza idraulica del fiume, ancora oggi macinano grani pregiati e castagne, e importanti fabbriche e agglomerati industriali come quello della Briglia, sui quali si sono stratificati quasi tre secoli di storia produttiva: nel Settecento sorse la cartiera più grande d’Italia ad opera del cartaio genovese Clemente Ricci, dopo circa 100 anni la cartiera fu trasformata in una fonderia di rame.